Come non cadere ne “La solitudine del manager” restare fedeli ai propri ideali e mantenere gli amici di una vita

“La solitudine del manager” è un romanzo giallo di Manuel Vazquez Montalbán, sapevate che Andrea Camilleri dà al proprio commissario il cognome Montalbano proprio per rendere omaggio a Vazquez Montalbán? Quest’anno mi hanno consigliato di leggere qualche romanzo. Ascolto sempre i vostri consigli così ho deciso di affrontare “La solitudine del manager” trovato su una bancarella al mercato di viale Lami a Firenze ( quando vedo libri non resisto) ancora una volta sono rimasta stupita. Avevo appena finito “Fare i conti con la vita”, dove  Clayton Christensen  ci fa riflettere su come fare carriera senza rischiare la galera. Beh, sembra impossibile, ma questo romanzo parla proprio di un manager che a furia di piccoli compromessi si ritrova invischiato in una questione losca. Quando cerca di ritornare alla sua originale integrità rimane vittima della situazione che ha contribuito a creare.

La necessità di prestazione

Il protagonista è un manager spagnolo, che ha fatto una carriera strepitosa in una multinazionale. Per arrivare in quella posizione ha sempre dato il massimo sul lavoro:

…sanno cavare il massimo dalla gente. Un momento prima che uno crolli lo stimolano, lo rimettono in piedi e lo fanno tornare in produzione. E’ il principio psicologico che regge il taylorismo e il fordismo. Io me lo autoprescrivo. Altrimenti non riuscirei a superare il mio quotidiano naufragio nella solitudine. La solitudine del Manager.

Il nostro manager, non ha tempo per altro che per il lavoro, si ricarica le pile con ogni sconcezza e poi riparte a lavorare.

“La solitudine di un manager”: lavorare come un cane e poi trovarsi solo come un cane!

La consapevolezza

Si arriva a situazioni che vanno mantenute quando si antepongono i soldi alla morale.

Non posso tornare indietro. Dovrei ricominciare tutto da capo, togliere i bambini da una scuola con giardino dove imparano il francese fino ai dieci anni e l’inglese dopo gli undici, non essere più socio del club di golf, perdere l’ormeggio e lo yacht di quindici metri.

Il manager si trova in un vicolo cieco dal quale non potrà uscire mai più.

E voi cosa volete fare?

Vale sempre farsi le tre domande che Clayton pone ai propri studenti al termine dei corsi:

  1. come posso essere sicuro che avrò successo e sarò felice nella carriera?
  2. le mie relazioni con […] la famiglia in senso più ampio e gli amici intimi diventeranno una durevole fonte di felicità?
  3. vivrò all’insegna della rettitudine e non finirò in galera?

Ne “La solitudine del manager” i personaggi erano degli idealisti ai tempi dell’università, poi qualcuno ha fatto carriera dimenticandosi le proprie aspirazioni e ideali. E prima o poi farà una brutta fine.

Sappiamo cosa vogliamo diventare? Abbiamo una strategia nella vita? Stiamo investendo le nostre risorse in ciò che riteniamo importante? Come misuriamo il nostro successo?

Vi auguro

buona lettura

Pubblicato da angelaserra

Sono un'ingegnera aerospaziale, appassionata di innovazione e sostenibilità. Sono esperta in tecniche di riduzione costi, come Action Work Out (AWO) e TRIZ (Teoria della soluzione inventiva dei problemi), mi occupo di Turbine a Gas da circa 6 anni. Amo lavorare in gruppo, condividere e fare rete con le persone!

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